D: cosa spinge un imprenditore a svegliarsi all’alba di ogni giorno, festività comprese, per “alzare la serranda” della sua azienda, passarvi ore ed ore a coordinare la propria squadra di lavoro, a risolvere problemi organizzativi, ad incontrare clienti, banche, fornitori, spesso e (mal)volentieri sacrificando la famiglia e talvolta la sua stessa vita per ottenere risultati quasi sempre al disotto delle aspettative?

R: semplice… la passione di vedere realizzato il proprio sogno, il successo della sua azienda!

Peccato che molto spesso il “sogno” appare ostacolato da quei problemi le cui soluzioni fatalmente finiscono per diventare esse stesse l’occupazione dell’imprenditore e viene da chiedersi se non ci siano delle best practices che, se adottate, possano contribuire al compimento della strategia ed al raggiungimento degli obiettivi…

Indagando ciò che determina l’insuccesso di un progetto imprenditoriale, troveremmo delle ricorrenze:

a) crisi di settore (relativamente alle quali l’impresa difficilmente può reagire);

b) crisi interne all’azienda (tendenzialmente invece più gestibili) le quali possono essere sub-ordinate in:

  1. non essersi proposti con prodotti o servizi che risolvono un’esigenza di mercato,
  2. non disporre della liquidità necessaria a realizzare il progetto,
  3. l’essersi inseriti in un mercato già saturo di concorrenza,
  4. non disporre di una squadra di lavoro che condivide il progetto o trovarsi ad operare in un ambiente ostile,
  5. non avere una strategia precisa.

Con un tessuto imprenditoriale nazionale composto per il 4,9% da PMI (da 10 a 249 addetti) e per il 95% da micro-imprese (con meno di 10 addetti) in larga parte poco strutturate e non sempre all’altezza per affrontare adeguatamente il “mercato” ed i cicli economici (v. crisi del 2008 e recentemente covid-19), diventa imprescindibile prendere atto di tali limiti e provare ad affrontare il problema focalizzandosi su quei pochi fattori critici di successo che, una volta individuati, sostenuti e controllati, potranno risultare determinanti nel raggiungimento dell’obiettivo.

Okay, ma da dove partiamo? La teoria aziendalistica già si fatica a capirla, figuriamoci a metterla in pratica…

Anzitutto col fare una fotografia spietata e sincera dello status quo, del punto A nel quale ci si trova, con la definizione precisa del punto B al quale si ambisce come traguardo e quale sia la strategia che dirigerà questo percorso nelle prospettive economico-finanziaria, dei clienti e di clima aziendale. Questa importante e delicata fase va assolutamente fatta per iscritto e condivisa con i soci, con i dipendenti ed i collaboratori più stretti e, aggiungo, con il commercialista di fiducia: in questa sede, con riferimento alla mappa strategica per ognuna delle prospettive citate, occorrerà ricercare la relazione causa-effetto (ovvero, cosa occorre fare per…) dopodiché assumerà un ruolo di grande interesse per l’imprenditore il controllo dello stato d’avanzamento del progetto con cadenza almeno trimestrale: non bisogna temere di sbagliare e forse non sarà nemmeno indispensabile che sia tutto perfetto, ma occorre che il processo sia monitorato poi, quasi del tutto naturalmente, il controllo stimolerà nuove idee e verranno così a crearsi spirali virtuose che favoriranno gli aggiustamenti tattici finalizzati alla realizzazione del progetto.

Processi: l’azienda è un grande processo, composta da una serie di processi minori tutti scomponibili in singoli flussi di lavoro (es. fabbisogno di materia prima, ricerca del fornitore, ordine, acquisto, controllo all’arrivo delle merci, impiego nel processo produttivo, pagamento del fornitore, etc.). I processi vanno individuati, assegnati, eseguiti e controllato che si compiano correttamente con riscontro delle eventuali criticità. Dovendo dare delle priorità, consiglierei senz’altro di focalizzarsi anzitutto sui processi della gestione caratteristica: acquisto, produzione, amministrazione e vendita: vanno definiti (per iscritto) indicando chi fa cosa, come la fa ed in quanto tempo.

Obiettivo primario di ogni azienda è l’equilibrio economico (ricavi maggiori dei costi) in conseguenza del quale si raggiunge l’equilibrio finanziario (entrate maggiori delle uscite) sicché, i processi coinvolti nel raggiungimento di questo obiettivo sono i più importanti. Su questi è vietato sbagliare, vanno capiti, condivisi e monitorati costantemente: col primo si tende a produrre Ricavi che oltre a “coprire” i Costi Variabili, siano in grado di generare un Margine di Contribuzione che copra anche i Costi Fissi; col secondo, quale diretta conseguenza del precedente, il flusso finanziario vedrà le entrate superiori alle uscite, garantendo così la liquidità necessaria ad alimentare di nuovo il ciclo.

Attenzione ai debiti! Non devono costituire un tabù ma vanno contratti consapevolmente, ricorrendo allo strumento finanziario adatto all’impiego che lo finalizza: se, ad esempio, devo acquistare un macchinario del costo di 100mila euro che verrà impiegato nel ciclo produttivo dell’azienda per 5 anni, è corretto finanziarlo con un mutuo rimborsabile in 60 mesi anche se, per ipotesi, l’azienda disponesse della liquidità necessaria per farvi fronte immediatamente che, nel caso, non deve invece risentire in alcun modo della spesa.

Riassumendo, propongo la lista delle linee guida per impostare o potenziare un cambiamento che, nel mezzo della congiuntura economica come quella che stiamo vivendo, a me pare ineludibile:

  • Analisi dello scenario socio-politico, del mercato di riferimento, della concorrenza e della tendenza tecnologica;
  • Analisi s.w.o.t. dei punti di forza e di debolezza (interni all’azienda) e di opportunità e minacce (di fonte esterna);
  • Redazione della Mappa Strategica (con la ricerca delle relazioni causa-effetto delle prospettive economico-finanziarie, dei clienti e dei processi);
  • Pianificazione operativa: obiettivi nel breve periodo 1-3 anni (paletti intermedi rispetto ai quai misurare la capacità di perseguire l’obiettivo finale)
  • Budgeting: tradurre gli obiettivi in numeri e condividere gli indicatori di verifica per valutare i risultati per comprendere le cause di successi e insuccessi
  • Condivisione del progetto con la squadra;
  • Misurazione e controllo: check generale della strategia con valutazione degli scostamenti

Mi ha fatto riflettere un aforisma di un professore di marketing internazionale alla Northwestern University di Evanston, Illinois (USA) il Dr. Philip Kotler, col quale chiuderei questo articolo auspicando che possa essere da stimolo anche al lettore:

 “Vi sono due tipi di imprese: quelle che cambiano e quelle che scompaiono.”

L’importanza di individuare i fattori critici di successo di un’azienda (Happy Acquatics nr. 6/2021)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *